mercoledì 30 giugno 2010

Ping pong istituzionale sui monitoraggi in Basilicata

Me ne ero già occupato nei mesi scorsi,oggi che la faccenda dei monitoraggi ambientali torna di stretta attualità ritengo opportuno fas sentire di nuovo la mia voce.

Nella terra del “tutt’apposto” per decreto bisognerebbe che la gente comune cominciasse ad esaminare seriamente la possibilità di ribellarsi. Mi riferisco alle tante emergenze ambientali che interessano quasi tutto il territorio della Basilicata. La Costituzione sancisce un sacrosanto diritto a veder preservata la salute degli italiani ma si ha l’impressione che in Basilicata tale principio sia stato derogato, sono davvero tanti i motivi per essere preoccupati per come le Istituzioni vigilano sulle emergenze che a macchia di leopardo, qui da noi, perdurano e proliferano.

Acqua, suolo ed aria sono patrimonio di tutti e a nessuno è concesso “manomettere” ambiente e natura perché abbiamo il dovere di consegnare a chi verrà dopo di noi un patrimonio che consenta di continuare a vivere senza problemi quella vita che il buon Dio ci ha donato.

Tanto per restare agli ultimi episodi di cronaca che riguardano l’inquinamento ambientale c’è da rimanere interdetti nel verificare che le accertate violazioni avvenute all’interno del megainceneritore Fenice nel nord della Basilicata che hanno prodotto l’inquinamento delle falde acquifere nelle campagne circostanti, sono finite nel dimenticatoio. Nessuno ci informa se il grano raccolto nei paraggi di Fenice non risente delle sostanze cancerogene che si sono sicuramente disperse nel sottosuolo. La Magistratura interessata della faccenda ancora non si pronuncia e l’impianto del gruppo FIAT continua “tranquillamente” a bruciare rifiuti.

A Ferrandina invece si continua a morire per i danni prodotti dall’industria che produceva Eternit, una vera e propria mattanza, in Valbasento non c’è famiglia che non pianga un congiunto deceduto per le letali conseguenze derivanti dalla lavorazione delle micidiali fibre d’amianto. La fabbrica è stata chiusa ma il territorio è impestato da decine di discariche ancora da bonificare. Mentre in Basilicata la tragedia dei ferrandinesi è sottaciuta anche dalla stampa locale è stato un reportage de L’Espresso che ha portato alla ribalta nazionale la tragedia in quel lembo di Basilicata abbandonata dalle Istituzioni.

Stesso oblio per l’inquinamento del suolo nell’area industriale di Tito, una bomba ecologica dal potenziale devastante e tutt’intorno centinaia di persone che vi lavorano. L’inquinamento del terreno ha raggiunto le falde acquifere e, sembra, che l’inquinamento sia arrivato nel fiume Basento che attraversa il capoluogo di regione, il tutto fra l’indifferenza generale.

Dopo infinite polemiche e le rassicurazioni di chi è deputato a controllare è scoppiato il caso delle acque dell’invaso del Pertusillo che sono diventate di colore rosso e successivamente hanno causato una moria di pesci impressionante, come si conviene in questi casi si fanno rilievi ed analisi e come succede spesso da queste parti risulta sempre tutt’apposto….. salvo poi cominciare a divulgare qualche dato che parla di inquinamento delle acque…..

Quando i Radicali lucani, per bocca del Segretario Bolognetti, denunciarono che le acque degli invasi e dei fiumi lucani presentavano valori fuori norma relativi ad alcuni pericolosi inquinanti, il coraggioso esponente politico venne letteralmente massacrato. E’ di questi giorni la notizia che un servitore dello Stato, Giuseppe Di Bello, agente della Polizia Provinciale, per aver denunciato episodi di inquinamento, ha subito l’onta di una sospensione di due mesi dal lavoro, invece di dargli un solenne encomio si punisce chi lancia un allarme per situazioni potenzialmente pericolose per la nostra salute, cose da pazzi…..

E’ passata pure in cavalleria una mia precisa denuncia fatta pubblicamente lo scorso anno in merito alla presunta violazione del DM 60/2002 un cui articolo prevede che il biossido di azoto (NO2) non deve superare il limite di 200 µgr/mc per 18 giorni in un anno, mentre tale valore è stato sicuramente superato in Valdagri, precisamente nell’area industriale di Viggiano, nel periodo giugno-luglio 2009, in base ai dati forniti da METAPONTUM AGROBIOS sul proprio sito internet, i giorni fuorilegge sono stati ben 25, concentrati in soli due mesi. Di fronte a questa palese violazione di legge mi sono premurato chiedere lumi all’Assessorato all’Ambiente della Regione Basilicata che per qualche tempo ha fatto orecchie da mercante, poi, a seguito dell’interessamento del Difensore Civico e alla pubblicazione sulla stampa locale di una mia lettera aperta, in data 23 dicembre 2009 il dirigente del Dipartimento Ambiente forniva una risposta che in pratica non è una risposta addossando le responsabilità dell’accaduto all’Amministrazione Provinciale.

Non mi è rimasto che rivolgermi all’Ente territoriale provinciale, in data 26 gennaio 2010 ho inviato sulla casella di posta elettronica del Presidente la nota del Dipartimento Ambiente regionale, copia della stessa mail ho inviato ai collaboratori di Lacorazza ed ho certezza dell’avvenuta consegna. Anche da Piazza Mario Pagano, sede dell’Amministrazione Provinciale, nessun cenno di riscontro, ho girato allora al Direttore Generale copia della corrispondenza. Nulla da fare, classico muro di gomma e nessun riscontro. Non è valso a niente interessare l’URP dell’Amministrazione Provinciale, da queste parti non si usa dialogare con i cittadini.

Non essendo abituato a desistere ho deciso di tornare alla carica riformulando la richiesta di un riscontro avvalendomi del disposto della Legge 241 del 1990 che obbliga le pubbliche amministrazioni a dare soddisfazione al cittadino nel termine di 30 giorni, vediamo se stavolta otterrò il dovuto riscontro.

Rimane l’amarezza nel constatare che due organi Istituzionali, la Regione e la Provincia, non hanno alcuna considerazione della salute dei lucani, ho segnalato un evidente violazione di una Legge dello Stato, è probabile che i cittadini di Viggiano abbiano, per un lungo arco di tempo, respirato aria potenzialmente pericolosa per la loro salute, è il caso di ricordare che il biossido di azoto è un gas irritante per le mucose e può contribuire all’insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. Lunghe esposizioni anche a basse concentrazioni provocano una drastica diminuzione delle difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie, nulla a che vedere, dunque, con l’aria pura dei boschi lucani. Nonostante ciò nessuno si è premurato di dare le dovute spiegazioni e, cosa ancora più grave, nessuno s’è indignato per questo imbarazzante silenzio.

venerdì 25 giugno 2010

Senise: Storie di invasi e di discariche

Servizio a cura di Maurizio Bolognetti. Senise, contrada Fossi: in mezzo ai calanchi è ubicata una delle due discariche comunali dismesse del piccolo centro della valle del Sinni. La discarica di Rsu di contrada Fossi, dismessa a metà degli anni '90, sta lentamente franando a valle in direzione della diga di Montecotugno. Era prevedibile: la zona dei calanchi è notoriamente una zona a rischio frana. A testimoniarlo la condizione precaria della strada che da contrada Fossi conduce verso contrada Palombara. E proprio in contrada Palombara, a pochi metri in linea d'aria dalla diga di Montecotugno, è ubicata l'altra discarica di comunale, dismessa nel 2004 e sequestrata dal Corpo Forestale dello Stato nel 2009. Anche la discarica di contrada Palombara è ubicata in una zona a rischio frana e da qualche tempo sono in corso lavori di consolidamento e di bonifica del sito. Contrada Palombara potrebbe ospitare una megadiscarica da 300000 mc di rifiuti speciali. Insomma, un'altra discarica, questa volta di rifiuti speciali, a pochi metri da uno dei più importanti bacini idrici d'Europa e in una zona a rischio frana. Il depuratore consortile di Senise, anche se potrà sembrare incredibile, è stato costruito all'interno della diga di Montecotugno, in una posizione prossima alla quota di massimo invaso.

Monnezza su monnezza. La discarica di Senise

Rifiuti connection. A Senise (Pz) sorgerà una megadiscarica di rifiuti speciali. Nel frattempo il rapporto ecomafie 2010 pubblicato da Legambiente racconta di una Basilicata al primo posto in Italia per la violazione della normativa penale sui rifiuti.
discarica in Basilicatadiscarica in Basilicata
di Maurizio Bolognetti
Il Comune di Senise possiede uno dei Bacini idrici più; grandi d’Europa, da cui attingono acqua due Regioni (Puglia e Basilicata). A Senise, in base a quanto previsto dal Piano provinciale dei Rifiuti, dovrebbe sorgere una megadiscarica da 300000 mc di rifiuti speciali. La discarica in oggetto potrebbe essere collocata in c/da Palambara, a poche decine di metri in linea d’;aria dalla diga di Montecotugno (la più grande diga in terra battuta d’Europa) e nelle vicinanze della vecchia discarica di Rsu dismessa nel 2004 e sequestrata dal Corpo Forestale dello Stato nel 2009. Senise è ubicato nell’area sud della Basilicata, una delle zone più povere della Basilicata e tra le più povere d’Italia. La Basilicata, in base agli ultimi dati diffusi dall’Ispra, fa registrare il più basso tasso di produzione procapite di rifiuti, ma anche una bassissima percentuale di rifiuti riciclati(9,1 per cento). Da qualche giorno a Senise c’è fermento. In molti temono che il loro territorio possa trasformarsi in un polo della monnezza (l’ennesimo in terra di Basilicata). La società che dovrebbe gestire la discarica promette royalty e promette lavoro. Siamo stati a Senise per ascoltare l’opinione del costituendo comitato (che non vuole la discarica), del Sindaco e dei cittadini. La nostra visita è coincisa con la diffusione del rapporto ecomafie 2010 pubblicato da Legambiente. A dispetto di chi racconta una realtà impermeabile e incontaminata, dai dati del documento emerge una Basilicata che nel rapporto reati/popolazione si colloca ai primi tre posti in Italia e al primo posto se consideriamo le infrazioni relative alla normativa penale sui rifiuti. La Provincia di Matera in materia di reati ambientali è seconda assoluta dietro Vibo Valentia. La Rifiuti Connection lucana preoccupa e di certo arricchisce le tasche di gente senza scrupoli disposta a barattare la salute di una popolazione con qualche zero in più sul proprio conto in banca. Speriamo che prima o poi qualcuno inizi ad indagare sulla ecomafie spa made in Basilicata. Tornando a Senise, verrebbe da parlare di monnezza su monnezza.
“La discarica di Senise”, servizio realizzato da Maurizio Bolognetti, 5 giugno 2010

L’inquinamento degli invasi lucani e il “disegno criminoso” di Maurizio Bolognetti

L’Arpa Basilicata dice di effettuare monitoraggi sulla qualità delle acque invasate nelle dighe lucane, ma non uno dei monitoraggi effettuati è stato mai reso pubblico.
di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
 
In questo ore si fa un gran parlare dell’inquinamento dell’invaso del Pertusillo. E’ sceso in campo anche il WWF, che attraverso il suo Presidente regionale Vito Mazzilli ha dichiarato:
“La vicenda dimostra quanto siano fallaci e poco rassicuranti le dichiarazioni scritte e orali degli organi preposti al controllo e al monitoraggio dell’integrità dell’habitat del lago. Dalle analisi microbiologiche fatte dall’Agrobios su campioni estratti da sei punti del lago risulta una moderata contaminazione microbiologica dovuta a escherichia coli, coliformi totali e strepotococchi fecali”.
La Ola(Organizzazione lucana ambientalista) dalla pagine del suo sito ricorda che l’invaso del Pertusillo è ubicato“al centro di un campo di estrazione petrolifero e situato vicino al Centro Oli ENI  di Viggiano in cui sono state rinvenute sostanze tossiche come il bario e il boro.”
Sulle pagine del Blog “estremo centro Puglia”, Antonio Di Matteo scrive: “Tutti si ostinano a dirci che la responsabilità di tutto è dell’alga cornuta, cioè che essa sia causa e conseguenza. Ma pensare questo è da idioti, soprattutto conoscendo i precedenti. Molti sono ciechi o finti ciechi, non vedendo che la causa di questa situazione è l’inquinamento perpetuato per anni…”
Peccato che nessuno ricordi, in queste ore, quanto avvenuto tra gennaio e febbraio 2010, quando il sottoscritto, per aver sollevato dubbi sulla qualità delle acque invasate nelle principali dighe lucane, fu sottoposto ad un autentico linciaggio, con l’ex assessore regionale all’ambiente Vincenzo Santochirico che ripetutamente minacciava denunce per procurato allarme.
A gennaio 2010 abbiamo commissionato delle analisi al Laboratorio Biosan di Vasto(Ch). Le analisi hanno confermato la presenza di merda negli invasi del Pertusillo, della Camastra e di Montecotugno, ma soprattutto dalle analisi svolte dalla Biosan è emersa una presenza di Bario superiore ai limiti previsti dal DLGS 152/2006. Il Bario, gioverà ricordarlo, è utilizzato dalle industrie petrolifere. A tal proposito può risultare di un certo interesse leggere quanto riportato dal sito lenntech.it: “I composti di Bario sono usati dalle industrie di gas e petrolio per fare fango perforante. Esso facilita la perforazione attraverso le rocce lubrificando la trivella.”
Procurato allarme? E allora leggete cosa scrive l’abruzzese Maria Rita D’Orsogna, docente universitaria in California:  “L’inquinamento del sottosuolo e dell’aria sono realtà comuni, anche in quei paesi in cui i controlli verso le attività estrattive di gas e petrolio sono maggiori ed i limiti più severi rispetto all’Italia. E si rilasciano inquinanti in tutti gli stadi, purtroppo anche nella fase esplorativa, non corrispondendo per nulla al vero che ne sia immune, come sembra voglia far intendere la Gas Plus. Nell’atmosfera vengono rilasciati: benzene, toluene, metano, idrogeno solforato, nitrati, particelle fini, formadehyde e diossido di zolfo. Alcune di queste sostanze sono tossiche e cancerogene. Le sostanze che invece vengono a contatto col sottosuolo, sono quelle usate per trivellare, i cosiddetti fanghi perforanti. Sono composti di acqua mista ad additivi chimici, sali, metalli e a volte anche di componenti radioattivi. La Gas Plus elenca una lunga serie di sostanze chimiche, fra cui flocculanti e deflocclulanti, viscosizzanti ed alcalinizzanti e la barite. Mai, però, elenca esattamente cosa ci sia dietro le sigle elencate. Di cosa siano fatti esattamente i polimeri che costituiscono gli avapoly, visto che finiranno nel sottosuolo dei lucani, compreso quello degli amministratori pubblici, che spesso minimizzano le problematiche legate alla perforazione/estrazione. Visto che accade abbastanza frequentemente che queste sostanze penetrino nelle falde acquifere (in New Messico le trivelle hanno di recente contaminato quasi 750 pozzi di acqua potabile), sarebbe buona norma monitorare lo stato delle acque del sottosuolo nei siti trivellati. In Basilicata è mai stato fatto un monitoraggio del genere? E se non è stato mai fatto, come fa la Gas Plus ad essere così sicura che le sue attività non avranno conseguenze sullo stato di salute delle falde idriche lucane? Le falde idriche della Basilicata seguono forse principi fisici diversi da quelle americane?”
Belle domande quelle poste dalla prof. D’Orsogna. Domande che, temo, nell’Italia della “peste” e della mancata applicazione della convenzione di Aarhus sulla diffusione e accessibilità dei dati in materia ambientale, sono destinate a rimanere senza risposta.”
L’Arpa Basilicata dice di effettuare monitoraggi sulla qualità delle acque invasate nelle dighe lucane, ma non uno dei monitoraggi effettuati è stato mai reso pubblico.
Questo fino a Gennaio 2010, quando a divulgare alcuni dati ci pensano i radicali, non sospettando che di lì a poco quella che ritenevano essere un’operazione trasparenza provocasse l’intervento della Procura della Repubblica di Potenza.
Prima, però, di parlare di certi provvedimenti presi dalla Procura di Potenza, forse gioverà cedere di nuovo la parola alla Prof. Maria Rita D’Orsogna, che nel 2009, intervistata da Enzo Palazzo, dichiara: “Le sostanze chimiche utilizzate per perforare restano nel terreno e si infiltrano nelle falde acquifere, inquinandole con materiali tossici. Anche perché l’opera di estrazione necessita di molta acqua ad alta pressione, che molto spesso e’ caratterizzata da presenza di idrocarburi, composti organici, metalli, sali e altre sostanze chimiche di lavorazione. La sua elevata salinità può’, inoltre, cambiare la composizione chimica del terreno, riducendone qualità e fertilità. Senza parlare dei rischi da fanghi e fluidi perforanti che, a causa di incidenti, mal funzionamenti o perdite, possono riversarsi nei terreni attorno ai pozzi. Esempi di contaminazione di laghi, fiumi e terreni non mancano nel resto del mondo, con il conseguente aumento di tumori, aborti spontanei, morie di pesci, malattie respiratorie e alla pelle. In Basilicata esistono posti dove l’acqua non è più potabile, a causa dell’attività estrattiva, come ad esempio presso le sorgenti ‘Acqua sulfurea’, ‘Acqua la Vecchia’ e ‘Acqua Piano la Cerasa di Calvello’ a Calvello (Pz). In quella località’ il sindaco vietò il consumo di acqua dai rubinetti. Anche la zona del parco nazionale ‘Acqua dell’Abete’ è’ allo stato attuale sotto sequestro per inquinamento: c’è chi pensa sia dovuto a causa di infiltrazioni di sostanze tossiche dal vicino pozzo estrattivo Cerro Falcone, dell’Eni.”
Ma allora perché a Gennaio 2010 si scatena un autentico fuoco di fila teso a screditarmi e farmi passare per una sorta di visionario?
E perché in Basilicata nessuno interviene in mia difesa, con la sola eccezione dell’ambientalista materano Pio Abiusi e del segretario provinciale del PRC Ottavio Frammartino? Muta Legambiente e muto, spiace dirlo, anche il WWF, di cui apprezziamo le dichiarazioni di queste ore, e di certo mute le forze politiche di maggioranza e di opposizione.
Quando si è scatenata “la caccia al radicale” abbiamo provato a difenderci ricordando le inchieste della forestale sulla depurazione, gli sversamenti di percolato nelle dighe, il sequestro della sorgente acqua dell’abete. Tutto inutile: dall’Università della Basilicata, passando per AQL e il Dipartimento ambiente, è un tiro al bersaglio senza diritto di replica reale, se non attraverso i microfoni di Radio radicale.
A Marzo 2010 vengo convocato in caserma e per un attimo mi illudo che vogliano ascoltarmi sulle denunce che ho inviato alla Procura di Potenza su Tito, Fenice, Val Basento, Arpab. Errore: la Procura di Potenza vuole conoscere la mia fonte sulla vicenda dighe. Provo a fare “resistenza”, ma il sostituto procuratore dottor Colangelo, dopo un’ ora e mezza di attesa trascorsa in una sorta di stato di fermo presso la stazione CC di Latronico, dispone un decreto di perquisizione e sequestro della mia abitazione, che è anche sede dell’associazione Radicali Lucani.
Il 25 maggio 2010, i Carabinieri di Latronico consegnano presso la mia abitazione “Un avviso all’indagato di conclusione delle indagini preliminari”, mittente la Procura della Repubblica di Potenza.
Nell’avviso c’è una frase che, sia pur di rito, fa indubbiamente sorridere: “Perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso…”
La Procura ha deciso di rinviare a giudizio il sottoscritto e il tenente della Polizia Provinciale Giuseppe Di Bello, uno di quelli che da sempre è abituato a guadagnarsi lo stipendio. Un vecchio motto recita: “colpirne uno per educarne cento”. Ancora oggi non ho compreso quale sarebbe il “disegno criminoso”. Far conoscere ai cittadini dati che dovrebbero essere pubblici è un delitto? Onorare la convenzione di Aarhus, il diritto a conoscere per deliberare e il dettato costituzionale è criminale? Resta la convinzione che in terra di Basilicata le indagini si preferisca farle su chi indaga e su chi racconta e denuncia. Se poi a denunciare è un radicale, allora forse c’è ancora più gusto. Prima o poi me lo toglieranno il vizio di parlare, ma finché dura…

Inquinamento, morte e rabbia Posted by Antonio Di Matteo

Storia di una terra e del suo popolo che muore per cause apparentemente naturali.
Volevo parlare, ancora una volta, di come è possibile sfruttare a nostro vantaggio l’immensa risorsa dei rifiuti, sia quelli solidi urbani, che quelli provenienti dall’ambiente, sterpaglie, paglie, legno. Ma mi ritrovo a leggere pagine e pagine di articoli di giornali, a vedere inchieste, video, reportage, su come invece, la Basilicata, la gente lucana, i politici lucani, hanno perso una grande occasione. La Basilicata è diventata un letamaio fetido e moribondo, pieno zeppo di rifiuti solidi urbani lucani e campani, e imbottito di amianto, fosfogessi, fanghi provenienti dalle estrazioni petrolifere, materiale proveniente da inceneritori, liquami urbani ed industriali, tutto rigorosamente gettato nelle discariche, nei terreni, nei fossi.
Sacchi di amianto lungo la Basentana
Il bello di questa storia è che tutto quello che vi ho esposto, l’abbiamo tutti nelle nostre carni, nel nostro fegato, nei nostri polmoni, nei reni. Tutto raccolto. Noi lucani siamo una discarica che cammina e che vive. I rifiuti, il pergolato, i fanghi, l’amianto, il letame umano, scorre inesorabilmente a valle, nelle nostre dighe, nei nostri torrenti e nei nostri rubinetti. Molti potrebbero dire che l’acqua viene depurata; infatti, una depurazione certificata dall’Arpab. Arpab che non ci ha detto tutta la verità sulla vicenda della diga del Pertusillo. Arpab che ha detto che l’umidità e il caldo avevano provocato la fioritura dell’alga. Arpab che ha negato categoricamente la presenza di inquinanti nella diga e nelle dighe lucane. Arpab che non ha informato i lucani sul fatto che l’inceneritore di Melfi, la Fenice, ha inquinato pesantemente fino a poco tempo fa, e che ancora oggi non si riesce a mettere sotto controllo l’emissione di mercurio. Insomma, avete capito: l’Arpab.
Potrei parlarvi dei rifiuti tossici. Potrei dilungarmi sulla vasca di fosfogessi di Tito Scalo. Potrei discutere con voi delle discariche molteplici di Ferrandina e di Senise che franano a valle. Potrei dibattere sui siluri pieni di rifiuti nucleari nei fondali del nostro amato Ionio. Potrei anche parlarvi del palese inquinamento delle acque dei nostri torrenti. Potrei dirvi molte altre cose, forse anche più terribili di queste e potrei fantasticare su molte altre vicende che si potrebbero verificare sul nostro territorio. Ma come potrei smuovervi e invitarvi ad accendere il vostro cervello e attivarlo per riflettere anche pochi minuti al giorno su tutte queste vicende. È mai possibile che solo l’1% della popolazione lucana è interessata veramente a quello che sta accadendo qui, sotto i nostri occhi?
La gente muore ogni giorno in Basilicata, per tumori, ulcere, polmoniti, intossicazioni, ecc. Tutte patologie dovute all’inquinamento. E lo dicono i dati dell’Osservatorio epidemiologico lucano. Noi continuiamo a morire, i politici continuano ad ingrassare. A breve su questo nostro blog, vi proporrò una catena di articoli tutti incentrati sulle tematiche ambientali, con lo sguardo ben dritto verso le cause del nostro terribile inquinamento. Un inquinamento mortale, fatto da rifiuti tossici e mortali.
Antonio Di Matteo